Italian guards di Alessandro De Leo

Ormai è risaputo che la storia del nostro, chiamiamolo così, “risorgimento” ha avuto ben altro svolgimento rispetto a quello che la storia ufficiale ancora si ostina ad affermare. Per aiutarvi a capire meglio vi racconterò un piccolo fatto, accaduto al di là dell’oceano atlantico. Tutto ha inizio nel 1850, quando Chatham Roberdeau Wheat, ex capitano dell’esercito originario della Virginia, conobbe Garibaldi e, undici anni dopo, sapute delle “imprese” del nizzardo in occasione dell’unità d’Italia, chiese all’”eroe” dei due mondi di poter arruolare, come volontari, i soldati borbonici che avessero voluto seguirlo. Garibaldi, alle prese con il grande problema rappresentato dal sempre più crescente numero di prigionieri proveniente dai campi di battaglia, ed evidentemente felice di togliere forze nemiche dal campo, acconsentì. Davanti all’alternativa di essere chiusi nelle carceri del nord (soprattutto a Fenestrelle), molti soldati accettarono. Il 18 Marzo 1861, nel giorno successivo alla proclamazione (in francese!) dell’unità d’Italia, un gruppo composto da 87 soldati del disciolto esercito borbonico sbarcò nel porto di New Orleans, Louisiana e, per decreto del governatore dello Stato americano, Thomas Moore, entrarono a far parte del sesto reggimento dell’esercito confederato, chiamato Italian guards, costituito solo da soldati provenienti dal Regno delle due Sicilie. Va ricordato che, tutti i duosiciliani che combatterono nei ranghi dell’esercito confederato nella guerra civile americana (1861-1865), si distinsero per valore e onore, combattendo per un altro sud. Il Generale sudista Lee, ricorda il coraggio di questi combattenti con poche ma efficaci parole: “non li dimenticheremo mai!”. Dopo aver letto queste poche righe, l’unica domanda che viene naturale porre è la seguente: come un branco di galeotti e avanzi di galera ( che non erano neanche mille all’inizio…) chiamati “garibaldini”, hanno potuto sopraffare un esercito composto da soldati di così alto valore e coraggio?