di Chiara (L’EditorA)

Passano le giornate, uguali tra loro, differenti solo per il rumore che hanno: alcune hanno il suono della pioggia, altre il rumore del vento, altre ancora urlano incazzate le loro ragioni attraverso i tuoni.

Io sono sempre qui, le sento, le subisco, fantastico e provo a immaginare come sarebbe stare lì fuori.

Chissà come sarebbe uscire con una ragazza ed essere colpiti all’improvviso da un acquazzone o correre per cercare riparo, vederla tremare e togliermi la giacca, perdermi nei suoi occhi e baciarla piano, sentire il caldo della sua bocca morbida, le gocce d’acqua fredda che cadono dai suoi capelli sulla mia maglietta. È un’immagine quasi da film adolescenziale ma fa bene al cuore un po’ di romanticismo puro, senza fronzoli. Senza le seghe mentali che noi adulti ci portiamo appresso. Che poi mi chiedo perché bisogna essere per forza complicati, quando poi tutto sarebbe semplice da vivere: ci si piace, si ama, non ci si ama più, si ama qualcun altro. E nel momento più bello, quello in cui ci si ama, si vive tutto alla grande: grandi risate, grandi scopate, grandi litigate, grandi bevute, grandi scenate, tutto immensamente grande, esasperato, come solo quel momento che ti toglie il fiato sa fare.

Eh… Chissà come sarebbe bello vivere uno di quei momenti, quella malinconia dell’attesa, quando anche uno stupido segno diventa importante.

Pensando queste cose mi sovviene un ricordo tenero. Una volta, una delle tante in cui ero qui, mi ritrovai davanti una bellissima ragazza. Mi fissava e quel suo sguardo iniziò a imbarazzarmi. Non abbassava gli occhi, non era timida, aveva una sfrontatezza da guerriera, di quelle che non hanno paura di niente e di nessuno. Io ero immobilizzato e iniziavo ad aver caldo. Lei mi venne incontro e come nulla fosse mi sistemò sul collo la sciarpa che mi era caduta senza che me ne fossi accorto. È stato un momento magnifico, intimo, forse meno imbarazzante di tutto quello che c’era stato prima, mentre mi fissava.

Ne ho tantissimo di tempo libero per pensare e viaggiare con la mente, soprattutto la notte, quando sono qui da solo e l’unico passatempo è ascoltare cosa succede fuori e immaginare una vita umana, con le sue gioie e i suoi dolori.

Io non uscirò mai da qui, forse accadrà il giorno in cui verrò sostituito da qualcosa di più moderno, perché anche noi manichini ci siamo evoluti.

Se vi trovaste a passare da me, lo dico soprattutto a voi persone in grado di trasmettere un po’ di calore, fermatevi e guardatemi un attimo, magari carezzatemi la mano o sistematemi la giacca. Io continuerò a guardarvi e a sorridervi dal mio posto, in questo grande negozio di abbigliamento.