di Chiara (L’EditorA)

“… fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”

Questo si ripeteva tra sé e sé mentre in tv scorrevano le immagini dell’ennesima tragedia del mare; mentre immaginava cosa avrebbe letto sui social appena la notizia si sarebbe diffusa; mentre immaginava il vomito di odio nazional popolare del politico di turno, quello che parla alla pancia della gente, quello che ragiona col culo, per farla breve.
Non ce la fece più, si alzò dalla poltrona in similpelle, unica eredità di sua madre, e andò in cucina a vedere se in frigo era rimasto qualcosa di commestibile.
Aprì quel pozzo di desideri luminoso e guardò centimetro per centimetro tutta la superficie del rinfrescante elettrodomestico.
Quasi quasi mi faccio un tazzone di latte freddo coi biscotti, come quando ero piccolo” pensò.
Già, quand’era piccolo, quando le tragedie umane non erano affar suo, quando il massimo del dispiacere era tornare a casa e trovare pasta coi broccoli invece della pasta col sugo. Quelli sì che erano bei tempi. Belli… Diciamo vivibili.
Non era stato un bambino fortunato. Non che la vita gli avesse portato queste immani tragedie, ma ricordava che gli altri se la passavano decisamente meglio di lui.
Lui che viveva con la sua mamma, stranamente sempre afflitta da mal di testa, sempre pronta a definire volgare qualsiasi cosa non appartenesse al suo mondo, salvo poi riprendersi, vestirsi con abiti che lasciavano poco all’immaginazione e uscire per andare in posti indefiniti. Cioè, i posti erano definiti ma non per il figlio che era sempre all’oscuro di tutto. Capiva solo che qualcosa era andata male quando il mal di testa della genitrice tornava e le bottiglie di alcolici maldestramente nascoste sotto al lavello della cucina si moltiplicavano.
Però, nonostante tutto, in età adulta non se la sentiva di reputarsi un bimbo sfortunato, in fondo da mangiare c’era sempre, da vestire pure e anche qualche giocattolo non mancava, durante le feste comandate.
Dopo questi ricordi abbandonò l’idea del latte e biscotti, anzi, abbandonò proprio l’idea di mangiare qualcosa. Si diresse nuovamente verso l’appiccicosa poltrona e con una spinta da bradipo si allungò verso il tavolino da salotto per prendere il portatile.
Vediamo cosa succede nella giungla di fb
Solite banalità in home. Autoscatti che per sembrare fighi si chiamano selfie, polemiche politiche, indignazione per questo e quello, se hai un cuore…
Un messaggio. Lo legge.
È tanto che non ci sentiamo. È difficile per una testarda come me dire che mi manchi. Manchi anche a Pelù…”.
Povera, piccola stronza. Donna pantera, piccola e fragile che non resiste agli addii.
Non sapeva cosa risponderle. La pensava spesso ma dire che sentiva la sua mancanza era un po’ troppo. Così come era entrata nella sua vita, così era uscita. Senza clamore e senza rumore.
Decise di lasciar decantare la cosa. Era solo, mica coglione… e poi, usare il gatto per intenerirlo era abbastanza banale. I gatti lasciano peli ovunque e a lui i peli facevano schifo.
Ora cosa faccio?” pensò, nonostante non gli importasse di lei, quel messaggio ronzava nella sua testa e mandarlo via era impossibile, poi, di lui si era impossessato anche una sorta di malinconia o quel qualcosa che ti viene quando non sai cosa fare e ti senti terribilmente solo.
Forse sarebbe il caso di uscire o forse no, togliersi il pigiama non era tra le priorità del momento.
Rispondere al messaggio? Litigare un po’ per passare il tempo e finire per mandarsi a quel paese come sempre?” poteva essere un’idea ma non aveva molta voglia di invischiarsi in discussioni eterne basate su “tu hai fatto questo” o “tu non hai fatto quello”, rinfacciarsi tutto quello che poteva essere e non è stato. Niente.
Andò in camera, prese il bellissimo sgabello FROSTA, pagato 9,90 euro da Ikea e lo portò in salotto, accanto alla poltrona in similpelle della mamma. Lo sistemò bene. Ben allineato alla poltrona. Poi andò a ravanare nel ripostiglio, prese la corda che tante volte l’aveva aiutato a essere rimorchiato con la sua malefica Citroen Visa color beige e la portò lì dov’era lo sgabello. La passò sul travone in legno che attraversava da lato a lato il salotto. Fissò un lembo della corda intorno alla maniglia della stanza e con l’altro lembo fece un bellissimo nodo. Li sapeva fare i nodi, aveva imparato durante la leva militare a Taranto, quand’era nocchiere.
Se la sistemò intorno al collo.
BUIO.