Le ragazze del porno di Alexandro Sabetti.

Sto per compiere un’operazione altamente discutibile seppur da sempre praticata, ovvero giudicare un’operazione commerciale\cinematografica senza averla visionata completamente, ma solo per i presupposti, il manifesto che lo ha ispirato, i video promozionali che girano, la pretesa sottotraccia culturale. Sto parlando de “Le ragazze del porno, My sex”, il progetto che si propone di realizzare dieci corti d’autore vietati ai minori, da riunire, alla fine, in un film collettivo. Le “ragazze” italiane, tra cui le prime a muoversi, sono state: Tiziana Lo Porto, Anna Negri, Regina Orioli, Monica Stambrini, etc etc.., hanno deciso di lavorare insieme ai film porno sulla scia di analoghe antologie nate all’estero come quelle della casa di produzione Zentropa di Lars Von Trier in Danimarca o Erika Lust in Spagna, X-Femmes in Francia, Annie Sprinkle negli Stati Uniti, per finire all’antologia di corti erotici, “Dirty Diaries”, realizzati da Mia Engberg, regista che ha scritto un manifesto sul “porno praticabile” in cui afferma “L’erotismo è buono e ne abbiamo bisogno”. My sex cerca dunque di colmare l’assenza in Italia di una scena analoga. Il lancio è ammiccante e molto se ne discute: il porno al femminile c’è e ci piace. Il cinema porno si tinge sempre più di rosa, a dispetto dei luoghi comuni che vorrebbero il fenomeno rivolto esclusivamente ad un pubblico maschile. Tutto elettrizzante ma una domanda sorge: ce n’è davvero bisogno? Premessa: non sono un moralista, anzi rivendico di essere un pornografo maschilista illuminato. Aborro però l’erotismo letterario e cinematografico. Amo i glissati Hollywoodiani vecchia maniera, subito dopo i baci di Cary Grant , Gene Stewart and co. Oppure ridurre direttamente il corpo umano a una “cosa”: sbattete i genitali in primo piano e che vivano di loro vita impassibile! Tutto il resto è noia.

Porno contro eros dunque, e come non ricordare le parole di Carmelo Bene sull’argomento? «L’erotismo è quanto di romanticamente stupido ci possa

[essere]… appartiene all’io… […] …il plagio reciproco nella irreciprocità assoluta. […] Il porno invece … non è più il soggetto in quanto oggetto squalificato ma […] è starsi da oggetto a oggetto, non da soggetto a soggetto.» Nel porno c’è incantamento, smarrimento, dissolvimento, assenza; nell’Eros (l’amor facchino), c’è desiderio e la conseguente ricerca febbrile del suo sempre frustrato e reiterato appagamento.

Ma tornando alla domanda, porno al femminile: ce n’è bisogno? Tralasciamo le considerazioni politiche sul capitalismo e sulla subalternità dei ruoli in una logica di sfruttamento, che sono la vera questione che non viene minimamente sfiorata da simili operazioni, ovviamente; perché se nella socializzazione dell’eros di massa c’è l’architrave del cambiamento, è vero invece che, almeno pubblicamente, quindi anche nella contaminazione con la politica, la strada è ancora lunga, e ci troviamo di fronte perennemente a una sessualità e a un potere maschili che si esercitano su donne ridotte a corpi rifatti, per essere oggetti compiacenti di consumo in una messa in scena artefatta; dunque ci limitiamo restando nell’ambito più stretto, della logica di mercato comunque accettata, nonostante la presunta rottura nelle intenzioni.

Risposta: Sì, probabilmente ce n’è bisogno. Se c’è un mercato che lo richiede, il prodotto soddisfa un bisogno. È sempre una questione di mercato, questo è un fatto. Però questo va a cozzare contro il manifesto programmatico dell’opera di Mia Engberg, che recita al punto 4:

“ Distruggi capitalismo e patriarcato, l’industria del porno è sessista perché viviamo in una società patriarcale e capitalista. Si arricchisce dei bisogni che la gente ha di sesso ed erotismo e nel farlo sfrutta le donne. Per combattere il pornosessismo devi distruggere capitalismo e patriarcato.”

E come distruggi il capitalismo e il patriarcato? Immettendo un altro prodotto sul mercato? Un prodotto realizzato con le migliori intenzioni, ovviamente, da un gruppo di artiste, che però, come giustamente tutti quelli impegnati in questo grande fronte del precariato cognitivo ed artistico, cercano prima di tutto visibilità per loro stesse, quindi provocazione… ma con un tono chic, colto, da sinistra dandiniana annoiata. Sa tanto di “Femen” che a colpi di tette al vento vogliono sovvertire l’autoritarismo e il patriarcato nel mondo.

Porno d’autore è la negazione del porno. Il porno non è, e se fosse non lo sarebbe. E non è un gioco di parole. Porno è roba di sudore, odori molesti e fazzolettini.

Porno d’autore ma potete scommetterci che all’interno della sala, ci sarà sempre il maschio che tra se e se si domanderà, alla fine di un lungo dialogo tra i protagonisti, dove si discute sulla semantica della fellatio: “ma almeno ‘na pompa in primo piano ce scappa?”

Porno d’autore e l’autore non c’è.

E come quel critico musicale che all’ennesima esibizione di presunte novità al festival di Sanremo gridò verso il palco: “aridatece ‘er puzzone!” sentendo la nostalgia del buon Mino Reitano.