Ci ammazziamo e ci odiamo, anche quando potremmo amarci.
Ci cerchiamo per farci male, solo per avere la soddisfazione del dolore negli occhi altrui.
Gioiamo, gioiamo sempre quando qualcuno perde e non perché noi vinciamo.
Ci sentiamo appagati se dopo un nostro fallimento c’è anche un fallimento altrui.
Non c’è solidarietà. E per solidarietà non intendo quella tanto blaterata dai soliti quattro coglioni del “allora ospitali a casa tua“, quella non è fattibile per tutti, figurarsi per quelli come me che vivono in 50mq e ci lavorano pure. Parlo della solidarietà piccola piccola, quella che non ti impoverisce e non arricchisce l’altro. Quella che “io do una piccola cosa a te, non diventerò più povero, tu non diventerai ricco, ma almeno oggi sia io che te avremo da mangiare“.
Non c’è amore. Non quello romantico dei film, quello probabilmente c’è per piccoli e brevi periodi, o forse c’è davvero, io non l’ho mai visto. Non c’è amore che riempie la vita; che strugge; che soffre e che si ammazzerebbe per salvare l’altro, nel quotidiano, non sul Titanic.
Non c’è rispetto e non c’era neanche prima, inutile dire che i tempi sono cambiati. I tempi sono sempre quelli, adesso abbiamo solo più strumenti per sputtanare tutto, prima rimaneva tutto racchiuso in piccole cerchie.
Non c’è rispetto verso la donna, sempre essere inferiore, che se la cerca, che pretende e che lagna; non c’è rispetto verso l’uomo, trattato sempre da coglione, da inetto nei confronti dei figli e da insensibile; non c’è rispetto nei confronti dei bambini, trattati sempre con violenza, con insufficienza e sempre troppo poco ascoltati.
Non c’è rispetto per chi soffre. Non c’è empatia. Non c’è qualcuno che si siede accanto senza sentirsi in diritto di dire cosa fare e non fare.
Non c’è morte. Non c’è l’accettazione di qualcosa che ha sempre scandito la vita. C’è una continuità morbosa di qualcosa che dovrebbe essere normale e vale per tutti, anche per chi dice di non esserne vittima. Non so da cosa dipenda tutto questo, forse dalla consapevolezza intima che dopo non c’è niente, anche quando si dice che c’è.
Non c’è vita. Inseguiamo sempre qualcosa: un sogno, un’ambizione, un lavoro sempre troppo precario o sempre troppo impegnativo, poi, ci guardiamo indietro e vediamo che abbiamo passato la parte più bella della nostra vita cercando di costruire un qualcosa che mai e poi mai si costruirà, perché saremo troppo vecchi per realizzarlo e troppo rincoglioniti per godercelo.
Però in tutto ciò c’è qualcosa di bello ed è il non sapere cosa sia, avere bei ricordi anche di attimi piccoli, di sguardi sfiorati e di abbracci forti forti che hanno liberato un pianto, di persone che non vedremo più e che per un attimo abbiamo immaginato nelle nostre vite e quotidianità, persone che ci hanno fatto male e, nonostante ciò, riusciamo a ricordare solo nelle parti migliori.
Quando la sera mangio latte e biscotti divento nostalgica e ci scappa l’articolo un po’ più serio.